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Lo spreco alimentare e l'approccio di SenzaSpreco

19 Dicembre 2018

Giovanna (G): Ciao Jacopo e grazie per essere intervenuto alla nostra trasmissione.

 

Jacopo (J): Ciao e grazie a voi per avermi invitato.

 

G: Ci racconti come nasce SenzaSpreco e come si inserisce all’interno della cooperativa “Le Mele di Netwon”?

 

J: La cooperativa “Le Mele di Newton” si occupa di divulgazione scientifica attraverso laboratori – molti dei quali avvengono nelle scuole - momenti didattici e animazione con un approccio che cerca di partire da un'attività pratica, anche ludica, per arrivare al concetto scientifico che vi sta dietro. Solo per fare un esempio nel percorso che abbiamo chiamato “Sospesi in aria” facciamo costruire ai bambini delle piccole mongolfiere, le facciamo volare, poi spieghiamo perché tutto ciò avviene a livello fisico.

Un altro ramo della cooperativa è quello legato ai progetti di promozione della sostenibilità ambientale, come ad esempio “SenzaSpreco” che si occupa di sensibilizzare sul e ridurre il fenomeno dello spreco alimentare.

 

G: Proprio riguardo allo spreco alimentare quali sono le cifre e gli effetti a livello globale?

 

J: Le cifre sono mostruose e purtroppo poco conosciute. Ogni anno al mondo sprechiamo circa 1,6 miliardi di tonnellate. 1/3 del cibo che viene prodotto globalmente viene sprecato ed è ancora perfettamente commestibile.

Per renderci ancora meglio conto di quanto questo sia dannoso è necessario considerare quelli che sono gli effetti di questo fenomeno. Innanzitutto, vi è chiaramente la perdita di calorie che non vanno a nutrire nessuno. E ciò avviene in un contesto globale fortemente segnato da disparità nell’accesso agli alimenti: dove si ha troppo, siamo in sovrappeso e sprechiamo, dove invece si ha troppo poco, ci sono delle alte percentuali di denutrizione. Questo rende il fenomeno dello spreco alimentare non solo insostenibile, ma anche ingiusto.

Inoltre, l’industria alimentare impiega una quantità di energia molto significativa e genera un impatto dannoso per il nostro pianeta. Se il cibo viene sprecato, il danno è doppio perché questo inquinamento oltre ad essere dannoso è anche inutile in quanto non ha generato alcun nutrimento. A questo si somma anche l’impatto legato allo smaltimento. Quella che potremmo definire l’impresa mondiale dello spreco alimentare emette ogni anno 3,3 miliardi di tonnellate di CO2 – se fosse uno stato sarebbe il terzo stato più inquinante al mondo dopo Cina e USA – utilizza 250 miliardi di litri d’acqua – una quantità pari al consumo di New York City per i prossimi 120 anni – e impiega 1/3 della superficie coltivabile del pianeta. Inoltre il valore del cibo che viene sprecato ogni anno è pari al PIL della Svizzera, ossia 750 miliardi di dollari.

 

G: Come mai un terzo delle risorse mondiali viene sprecato?

 

J: Le cause sono molteplici e diverse tra loro. Senza avere l’ambizione di proporre un elenco esaustivo, in generale i prodotti vengono sprecati per dinamiche perverse del nostro sistema economico, per scelte legate alla strategie di marketing delle aziende, perché i prodotti non vengono conservati adeguatamente o vengono danneggiati, perché gli alimenti non rispettano i cosiddetti standard estetici, per la eccessiva prossimità alla data di scadenza, per una cattiva pianificazione degli acquisti o una cattiva gestione delle scorte. Il fenomeno e le sue cause si spalmano su tutta la filiera agroalimentare: dalla produzione al consumo, passando per la trasformazione, lo stoccaggio, il trasporto e la vendita.

Giusto per fare alcuni esempi la produzione può non corrispondere alla domanda di acquisto o la domanda di acquisto può non essere rispettata – tristemente famose sono le immagini delle arance o dei pomodori che marciscono nei campi del Sud Italia – i prodotti possono essere danneggiati durante lo stoccaggio e il trasporto – pensiamo a una confezione di pommarola trasportata in un pancale che si rompe e va a macchiare tutte quelle sottostanti – le confezioni che hanno difetti di packaging o indicazioni inattuali o i frutti e gli ortaggi che non corrispondo alle forme e i colori abituali e così via.   

Sia ben chiaro, questo non significa che automaticamente questi prodotti vengano sprecati. Per fortuna ci sono dei canali che funzionano, ma in modo solo marginale. Spesso manca l’anello di collegamento tra chi ha dei prodotti e che vorrebbe persino donarli e chi ne avrebbe bisogno. Con SenzaSpreco cerchiamo anche di colmare questa mancanza.

 

G: E per quanto riguardo lo spreco domestico?

 

J: Nella fase finale di consumo – avvenga questo nella ristorazione o all’interno della nostre mura domestiche – si stima che venga sprecato 1/3 del cibo che viene sprecato globalmente. In questa fase tutti noi, chiaramente in misura maggiore o minore,  siamo parte della problema e, in quanto tali, cambiando la nostra condotta, possiamo trasformarci in parte della soluzione. Quando mangiamo fuori casa spesso sprechiamo perché non finiamo quanto abbiamo ordinato. Un più capillare uso della cosiddetta Doggy Bag potrebbe contribuire a ridurre questa causa. All’interno delle nostre case, invece, ci capita si sprecare perché compriamo troppo, conserviamo male o perché non sappiamo come gestire gli avanzi. Molto probabilmente dovremmo pianificare meglio i nostri pasti, comprare quantità adeguate a questa pianificazione, organizzare al meglio i metodi di conservazione e sfruttare al massimo i diversi spazi – dispensa, frigorifero, freezer, eventualmente, cantina – che la nostra casa ci offre. Per eventuali emergenze, possiamo pensare a condividere gli avanzi con altre persone o imparare a conservarli o cucinarli. Basti pensare alla tradizione culinaria toscana – ma anche italiana in generale – e alla sua ricchezza di ricette pensate proprio per poter cucinare gli avanzi. Visto che ci stiamo avvicinando alle feste, il discorso si complica in occasione dei pranzoni e dei cenoni, sul nostro blog potete trovare qualche consiglio per sprecare il meno possibile anche in queste occasioni.

 

G: E in generale quali posso essere le soluzioni al problema dello spreco alimentare?

 

J: Prima di tutto dovremmo tornare ad assegnare maggiore valore al cibo: non intenderlo più come un mero prodotto industriale che ci possiamo permettere di buttare e conoscerlo meglio, essere consapevoli dell’energia, del lavoro e della passione che sono stati impiegati per produrlo.

In termini molto generali può essere utile rifarsi alla cosiddetta “Food Waste Pyramid” che elenca in ordine di importanza quelle che possono essere le soluzioni. Al primo posto è necessario ridurre il fenomeno a monte a livello delle macro-cause nella fase di produzione e distribuzione. Quello che dovesse ancora avanzare può essere venduto a prezzo scontato o, ancora meglio, donato a chi ne ha bisogno. Ciò che resta può essere dato in pasto agli animali. Passando dalla gestione dello spreco  - ciò che è ancora commestibile – alla gestione del rifiuto – ciò che non è più commestibile – possiamo trasformarlo in biocarburanti o in compost. 

Questa piramide non ci insegna niente di nuovo perché tutte queste sono pratiche che sono sempre state utilizzate fin dall'alba dei tempi da ogni contadino: che stava molto attento a non produrre troppo perché la produzione richiedeva il lavoro delle sue mani, ciò che gli avanzava lo scambiava o lo regalava ai suoi vicini, il restante lo dava da mangiare alle galline o ai maiali e infine poteva gettarlo nella cosiddetta concimaia per nutrire i campi e le nuove coltivazioni, chiudendo in un certo senso il cerchio della produzione. Il problema è che attualmente nel nostro sistema di produzione alimentare industriale e intensivo questa piramide è ribaltata: la prima (non-)soluzione che viene seguita è quella di buttare via ciò che avanza perché richiede meno tempo, soldi e risorse umane.

 

G: Sono scioccata perché ero al corrente del problema, ma non conoscevo le cifre che sono enormi. Quali sono i progetti di “Senza spreco”?

 

J: SenzaSpreco ha due filoni di attività fondamentali: da una parte chiaramente manteniamo lo spirito di divulgazione scientifica proprio de “Le mele di Newton” e quindi costruiamo veri e propri corsi, momenti di animazione e laboratori sul tema per tutte le età. Inoltre, organizziamo degli eventi per cercare di diffondere la tematica dello spreco alimentare e di sensibilizzare nei confronti di questo problema.

D’altra parte, ci occupiamo di creare dei progetti sul territorio. Questi progetti sono delle micro-filiere che mettono in contatto chi ha prodotti che rischiano di essere sprecati e che sono ancora commestibili con chi può acquistarli ad un prezzo molto scontato o, meglio ancora, riceverli in donazione per destinarli a chi ne ha bisogno.


G: Mi puoi spiegare più esattamente i vostri progetti sul territorio?

 

J: Il progetto che ci rende più fieri e al quale siamo più affezionati perché racchiude tanti diversi aspetti che ci stanno a cuore è “Cuciniamo le eccedenze” che quest’anno è alla quinta edizione. Nella zona di Borgo San Lorenzo abbiamo creato un rete virtuosa tra la grande distribuzione – nello specifico Unicoop Firenze e Conad –, l’istituto alberghiero Chino Chini e gli ente benefici. I supermercati donano alla scuola gli alimenti che non riescono a vendere – in particolare prodotti freschi come frutta e verdura –, gli studenti li trasformano parzialmente li mettono sotto vuoto e gli enti benefici si occupano di distribuirli alle persone che si trovano in difficoltà economiche. Questo progetto non solo ha il merito di trasformare un potenziale spreco in una risorsa gratuita per chi non potrebbe permettersela, ma implica anche il lavoro di giovani che un domani saranno i protagonisti del settore della ristorazione e siamo sicuri che questa esperienza li porterà ad essere dei professionisti più attenti alla sostenibilità.

 

Un altro dei nostri progetti sul territorio è “Il Ristorante Sociale”. L’ultima edizione si è tenuta nella zona dell’Isolotto: abbiamo raccolto soprattutto dagli esercenti della zona – come piccoli ortofrutta o alimentari – i prodotti che non erano riusciti a vendere, grazie ai volontari della Casa del Popolo li abbiamo cucinati e abbiamo invitato a pranzo gratuito le persone della zona che si trovano in una situazione di non autosufficienza economica. L’idea è quella di creare un momento di condivisione e incontro che possa instaurare anche delle relazioni sociali e solidali tra gli invitati.

Un’altra attività che ha tratti in comune con questa è la “Disco Soupe”. Questi eventi nascono in Europa, ma noi, insieme all’associazione dis.Forme, siamo stati i primi a portarli stabilmente in Italia, soprattutto in Toscana. Anche in questo caso, poco prima della chiusura per il fine settimana raccogliamo i prodotti che non sono stati venduti dagli esercenti di una zona, invitiamo le persone a decidere il menù e a cucinare tutti insieme e alla fine facciamo un pranzo o una cena gratuiti e aperti a tutti. Siamo arrivati a salvare dal un potenziale spreco fino a 300 kg in un solo giorno! A cucinare siamo quasi sempre una trentina di persone, alcuni “aficionados” ci seguono sempre altri si aggiungono in base al luogo dove si tiene l’evento, mentre durante il pasto l’affluenza è enorme: a Settignano eravamo in 300! “Disco Suope” perché tutti i momenti della giornata sono accompagnati dalla musica – djset e concerti – e i cuochi improvvisati va a finire che mentre cucinano iniziano anche a ballare. Queste giornate, oltre a rappresentare un momento di forte socialità e divertimento, servono anche a sensibilizzare sul fenomeno dello spreco alimentare e a invogliare le persone a cercare di dare il proprio contributo quotidiano per ridurlo.

 

G: Dicevi che oltre a questo con SenzaSpreco organizzate anche corsi, laboratori e momenti di animazione.

 

J: Sì, organizziamo corsi per tutte le età sullo spreco alimentare. In questi, oltre a parlare in generale dello spreco alimentare, tocchiamo temi quali la gestione del budget famigliare, la dieta corretta, le strategie per ridurre gli sprechi e, non ultime, anche le ricette. Abbiamo un laboratorio sullo spreco alimentare dedicato ai bambini chiamato “Il ristorante del popolo”. Organizziamo dei “Cooking show” durante i quali parliamo di spreco alimentare insieme a uno chef che ci mostra praticamente come cucinare sfruttando al massimo tutte le parti degli alimenti. In occasioni di eventi teniamo dei photo set dove invitiamo le persone a mettere la loro faccia contro lo spreco alimentare condividendo anche dei loro personali consigli per ridurlo o dei quiz che coinvolgono gli avventori a distinguere i prodotti in base alla loro indicazione di consumo.

 

 

G: Proprio riguardo a questo, potresti spiegare a noi e ai nostri ascoltatori come funzionano le indicazioni di consumo dei prodotti alimentari? Perché spesso la gente si confonde e butta via beni che potrebbero essere ancora mangiabili.

 

J: Volentieri perché quando facciamo il nostro giocoso test, ci sorprendiamo sempre di come le idee siano confuse a riguardo e spesso anche nei soggetti più insospettabili.

“Scade il” significa che dopo quella data il prodotto può essere dannoso. Questo non significa che dopo la mezzanotte della data in questione il prodotto si trasformi in una bomba batteriologica, ma che è bene stare molto attenti.

L’indicazione “consumare preferibilmente entro il”, invece, semplicemente ci avvisa che secondo gli standard stabiliti dal produttore quell’alimento dopo tale data potrà non rispecchiare le caratteristiche ideali in quanto a fragranza, colore, odore e sapore, ma questo non implica assolutamente che il prodotto non sia ancora perfettamente salubre e commestibile. Basti pensare alla pasta secca che presenta questa indicazione, superata la data è ancora buonissima da mangiare. Infine ci sono i prodotti senza alcuna indicazione, pensiamo alle bevande con un contenuto di alcol superiore ai 10°, gli zuccheri solidi, il sale e via dicendo. Chiaramente ci sono delle condizioni estreme di conservazione che possono compromettere qualsiasi prodotto. Il nostro test purtroppo ci conferma indirettamente che molto spesso vengono buttati nella spazzatura prodotti ancora perfettamente commestibili.

G: Una curiosità: le vostre iniziative vi vengono finanziate in qualche modo oppure funzionano solo grazie ai volontari?

 

J: SenzaSpreco riesce a ottenere delle entrate economiche grazie alla sua offerta di laboratori, eventi, corsi e progetti sul territorio. Questo non toglie che tantissime delle nostre attività – come le Disco Soupe, tutti le partecipazioni per divulgare conoscenza sul fenomeno e via dicendo – siano portate avanti a titolo volontaristico. In generale inoltre SenzaSpreco è un progetto che fa parte de “Le Mele di Newton” che sopravvive soprattutto grazie all’entrate derivate dall’offerta didattica di laboratori per le scuole.  

 

G: Chi fosse interessato ai vostri eventi o alle vostre iniziative dove può seguirvi?

 

J: Può trovarci sui social dove può essere aggiornato su tutto quello che facciamo, siamo sia su facebook che su twitter. Abbiamo Inoltre un sito internet sul quale c’è anche la possibilità di registrarsi alla nostra newsletter.

 

 

Jacopo Visani nasce e cresce a Firenze. Si laurea in Filosofia e si addottora in Etica ambientale. Attualmente si occupa di insegnamento e comunicazione. E’ sempre stato attivo su tematiche ambientali, sociali e culturali, cercando di fare del mondo un posto migliore per tutti.


Vorrei ringraziare Giovanna Pacini, Franco Bagnoli e Caffé Scienza.

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